L'incipit dello studio sulla corruzione nell'Impero Ottomano- di Miruna Cajvaneanu-
Tesi di laurea specialistica- Scienze Politiche- Università degli Studi La Sapienza- Roma
“E’ la vicenda di tutte le cose, nessuna potenza rimane in eterno. Padroni dell’universo furono già gli itali, ora inizia l’impero dei Turchi”.[1]
Ci sono numerose leggende sulle ricchezze da favola e sui difetti politici dell’Impero Ottomano durante la sua espansione alle porte dell’Europa cristiana.
Soprattutto colpisce il nostro immaginario collettivo l’opulenza del Serraglio del Sultano, in un mondo lontano dai nostri valori e dalla nostra prospettiva. Allo stesso tempo filosofi, viaggiatori, storici, letterati hanno descritto il sistema politico ottomano come il classico esempio di dispotismo, culla di una corruzione dilagante.
Ma qual è la vera dimensione dell’opulenza e della corruzione, i due fenomeni da noi studiati, la linea di demarcazione fra legenda e fatto?
Il lusso della corte e quello delle classe abbienti, era dovuto alla ricchezza, o al semplice modo di vita degli orientali, molto più colorato e ostentativo del mondo occidentale?
La corruzione è un fenomeno conosciuto nelle società medioevali, ma che particolarità ha la sua manifestazione nel mondo turco del ‘500 e ‘600? Quali sono le implicazioni politiche e sociali e le dimensioni del fenomeno? In Giappone, per esempio, l’arte del dono non è giudicata un reato fino a coinvolgere somme importanti, [2] o una forma di cambio come tutti i cambi commerciali? Nella società ottomana in discussione, come era considerato, dal punto di vista dei valori morali e sociali questo fenomeno? Era una cosa abituale, o una pressione, e in quale misura tale pratica era ritenuta nocive per lo Stato?
Quale era il giudizio dei contemporanei sui fenomeni citati, specie dei baili veneziani?
La decadenza di un Impero determina molti studi sulle cause del fenomeno, forse perché si vuole dare una logica a tutto? Si è sempre cercato di individuare le cause che hanno portato alla disfatta dell’Impero Romano, di quel Bizantino…le stesse considerazioni riguardano il bisogno di dare una risposta, di individuare le origini -economiche, sociali, politici- della decadenza dell’Impero Ottomano.
C’è un legame di consequenzialità fra questi fenomeni, come il desiderio di accumulare, l’ostentazione dell’opulenza, la corruzione e la decadenza dell’Impero?
A queste domande si cercherà di dare una risposta nel corso dei primi cinque capitoli. È stato scelto l’anno 1503 come rappresentativo perché è l’anno della prima relazione di un bailo veneto, Andrea Gritti, che descrive in dettaglio il sistema ottomano con i primi suoi primi sintomi di corruzione. È l’anno che vede la decisione del Senato della Repubblica di assegnare una somma di denari come donativo all’ambasciatore ottomano per conquistarsi la sua benevola intercessione presso il Sultano.
Il sesto capitolo è dedicato invece a una dimostrazione su come funzionava realmente il sistema d’assegnazione del trono dei due principati romeni, sotto la sovranità ottomana, al miglior offerente di denaro e donativi, fra il ‘500 fino all’inizio del ‘700. I rapporti dei Paesi Romeni, la Valacchia e la Moldavia con l’Impero Ottomano devono essere tuttavia inquadrati nell’ambito delle relazioni di subordinazione caratteristiche in generale per l’Europa Feudale.
Rimane accesa la polemica sulla natura di questo rapporto. Alcuni storici considerano che i principati siano stati sotto il dominio assoluto dell’Impero Ottomano. La storiografia romena durante il periodo comunista sostiene al contrario, che la Moldavia e la Valacchia furono i soli due paesi a mantenere un’indipendenza politica nell’area sud-orientale, dopo l’occupazione dell’Ungheria nel 1526.[3]
La tesi non si propone di sostenere una o l’altra teoria. Si limita ad esporre le fonti dell’epoca, soprattutto le Relazioni venete al Senato, e i Dispacci riguardanti il rapporto fra i Principati e la Porta, fino al tragico massacro della famiglia del voivoda Brâncoveanu, nel 1714. La fonte è prevalentemente la raccolta dei documenti che fanno riferimento alla storia dei romeni, fatta dallo storico romeno Eudoxiu, baron de Hurmuzaki. Questi documenti provengono dai vari archivi europei. Si è messo l’accento in particolare sulle fonti veneziane, soprattutto sui dispacci da Costantinopoli. La novità della ricerca consta nel fatto che le notizie sparse nei 39 volumi della raccolta, che evidenziano i rapporti fra la Porta e i principati sotto l’aspetto della corruzione, sono riunite ed esposte in ordine cronologico, nonché tematico.
L’ultimo capitolo riprende in seguito uno dei più simbolici episodi della storia dell’Europa orientale, per dimostrare il grado di corruzione e di rapacità al qual è giunta la Porta. Si tratta del regno, culminato nel 1714 con la decapitazione a Costantinopoli e la confisca degli averi, di Constantin Brâncoveanu, accusato dal Sultano di essere “troppo ricco”.
Malgrado la vastità della storiografia sull’Impero Ottomano, non ci sono studi fondamentali che affrontino esclusivamente il problema della corruzione e soprattutto il legame di questo fenomeno con l’accumulazione delle ricchezze, oppure l’ostentazione dell’opulenza. Si è provato a portare un contributo effettivo e documentato in questa direzione.
Le fonti principali sono: i tre volumi della terza serie delle Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, raccolte alla fine del ‘800 da Eugenio Albèri. Per la parte riguardante i principati romeni, la fonte è la raccolta di documenti degli archivi europei, specialmente quelli italiani, dei Documente privitoare la Istoria Românilor in 39 volumi, compilata dallo storico romeno Eudoxiu de Hurmuzaki. Per l’aspetto sociale della corruzione e l’immagine degli ottomani nell’immaginario europeo, il lusso della capitale ottomana, c’è una vastissima storiografia che comprende: Paolo Preto, Venezia e i Turchi, Robert Mantran , La vita quotidiana a Costantinopoli ai tempi di Solimano il Magnifico e dei suoi successori, Philip Mansel: COSTANTINOPOLI: Splendore e declino della capitale dell’Impero Ottomano 1453-1924. Sulla parte economica, una delle opere fondamentali è An economic and Social History of the Ottoman Empire dei due orientalisti Inalcik e Quataert. Per le istituzioni ottomane, Fuad Koprülü, Alcune osservazioni intorno all’influenza delle istituzioni bizantine sulle istituzioni ottomane. Per il regno di Brâncoveanu: Del Chiaro, Revolţiile Valahiei, e Constantin Şerban, la sua monografia: Constantin Brâncoveanu.
Purtroppo sono pochi i documenti ottomani tradotti in italiano o in una lingua di circolazione europea. È stata usata la recente raccolta dei Documenti turchi nell’Archivio di Stato di Venezia, a cura di Maria Pia Pedani. Per i documenti ottomani che riguardano i paesi romeni, Cronici Turceşti privind ţarile române , il primo volume, a cura di Mihail Guboglu e Mustafa Mehmet.
Si è deciso di lasciare le citazioni in lingua originale, soprattutto i documenti veneti, per la totale comprensibilità del veneto del ‘500 anche da parte di un lettore non di madrelingua italiana.
Il desiderio di occuparsi di questo tema delicato sorge da un interesse personale verso la manifestazione della corruzione nel mondo attuale, soprattutto in Romania e nell’Egitto, due paesi e culture diverse fra di loro, ma fortemente influenzati nella loro storia dall’Impero Ottomano. Si considera che imparando dal passato si possa migliorare il presente.
Oltre l’aspetto storico, uno studio su un caso classico di “corruzione” di uno Stato è utile per comprendere il fenomeno attuale della corruzione. Con la speranza che si possa capire che in uno stato corrotto alla fine tutti sono perdenti. Lo stato è stato studiato come un organismo umano da molti filosofi. Paragoni di questo tipo sono fatti da Aristotele, Platone, Hobbes. Fra le tante malattie che possono affliggere un organismo così complesso come lo Stato, considero la corruzione una come una malattia mortale e contagiosa.
Gli scherzi della storia fanno sì che in questi anni la Turchia faccia tanti sforzi per essere ammessa nel “selettivo” gruppo europeo, e si deve adeguare non soltanto sotto l’aspetto della legislazione, ma estrapolando, anche al livello della mentalità collettiva ai canoni e valori europei!
[1] Enea Silvio Piccolomini in R. MANTRAN, L’impero ottomano e il suo declino, in La storia. I grandi problemi dal medioevo all’età contemporanea, a cura di M. Firpo, N. Tranfaglia, vol.5, Torino 1986, pp. 339-361
[2] Donatella della Porta e Yves Mény, (A cura di), Corruzione e democrazia, Sette paesi a confronto, Liguori Editore, Milano 1995
[3] Andrei Oţetea, Storia del Popolo romeno, Editori Riuniti, Roma, 1981, p.7
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